北京人 Běijīng rén

Racconti di viaggi in giro per la Cina (e il mondo) di uno che è rimasto a Pechino troppo tempo…

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Viaggio Cina – Italia via terra: PAKISTAN (Gilgit, Islamabad e Rawalpindi)




Oggi è il 20 maggio 2012, sono di nuovo a Pechino da 1 mese e mi accingo a scrivere di 3 tappe pakistane del mio viaggio via terra dalla Cina all’Italia dell’autunno dell’anno scorso. I ricordi svaniscono ulteriormente come un sogno al mattino o come qualsiasi cosa che prima c’è e ora c’è di meno(sono scazzato e non c’ho voglia di trovare similitudini). Comunque…quando lascio le montagne di Karimabad e mi appresto a compiere il viaggio verso Gilgit è circa il 10 ottobre 2011. Una jeep condivisa (che è un mezzo di trasporto comune in questa parte del Pakistan che si chiama Hunza Valley) porta me e il mio fagotto verso un altro villaggio da cui poi prendo un altro mezzo, una specie di minibus, che finalmente mi conduce a Gilgit. Una piccola nota sui minibus(che hanno un nome particolare che però non ricordo): sono dei mini-van con tre file di sedili sul retro(più il posto del guidatore con un altro sedile affianco) che possono accomodare circa 8-14 persone in tutto; questi mezzi partono in posti fissi della città/paese/villaggio che la gente conosce ma che non sono indicati ufficialmente da nessuna parte e soprattutto, questi mezzi non hanno un orario preciso di partenza: semplicemente partono quando sono pieni…quindi si può aspettare 5 minuti come 2 ore prima che uno di questi mezzi partano. Altra particolarità di questi diciamo “mini-bus” è che spesso quando non ce n’è più di uno in partenza nello stesso lasso di tempo, l’unico minibus presente viene riempito fino all’inverosimile per cui ci si trova completamente schiacciati uno addosso all’altro in posizioni non proprio confortevoli. Altra cosa del tutto normale nei minibus è che il 90 delle persone sono uomini: in un minibus con 12 posti, c’è forse una donna o due che tra l’altro sono estremamente difficili da accomodare perchè in Pakistan le donne non possono sedere vicino agli uomini nei mezzi pubblici, quindi nel caso sciagurato che una donna debba prendere un minibus succede un pandemonio per far scendere e salire tutti finchè non si trova una soluzione in cui non ci siano uomini seduti affianco alle donne.
Quindi, dopo un una mezzoretta di attesa sul ciglio di una animata via cittadina di un villaggio della Hunza Valley ai piedi di Karimabad, finalmente il minibus parte, portando me e il mio fagotto alla volta di Gilgit, che è l’ultima città della Hunza Valley. A Gilgit il Pakistan “vero” si comincia a far sentire: non più vette innevate e piccoli villaggi dove il tempo sembra essersi fermato, persi in paesaggi da favola… ma anche altro: per esempio posti di blocco(check point) della polizia armata di fucili ad ogni ingresso della città, come a ricordare che la Hunza Valley è una parte completamente diversa del Pakistan e che questo paese pur bellissimo è dilaniato da mille conflitti e tensioni e che ci sono zone (specie lungo alcuni confini) completamente off-limits. Gilgit in se non ha molto da offrire ma è un posto dove sto volentieri un paio di giorni… io un posto cosi’ in vita mia non l’ho mai visto, questo è Pakistan vero: strade affollatissime, brulicanti di persone, mezzi e occasionalmente bestiame…una grande, variopinta umanità tutta insieme in strada ad affollare i negozietti che vendono di tutto e che si affacciano sulle stradine centrali di Gilgit. A Gilgit alloggio in un ostello spartano ma dall’atmosfera molto accogliente: il Madina Hotel and Guesthouse…una specie di oasi con due cortili e giardini giusto nel centro brulicante di Gilgit. E’ una sorta di rifuggio per occidentali-viaggiatori-backpackers: appena entro e vado verso la camera che mi è stata assegnata incontro un coreano che vive lì da tempo indefinito (2 settimane) in attesa di non so bene cosa e che col suo inglese non molto comprensibile e la sua parlantina mi indonda di luoghi comuni sull’Italia (mi inonda anche di altre stronzate comunque); un tipo tutto sommato divertente se preso a dosi di non più di 3 minuti per volta (ahah) che sembra essere ormai un villeggiante perenne del cortile sul retro dell’ostello impegnato com’è a conversare con chiunque gli capiti a tiro, cucinare ad orar fissi, farsi il bucato,etc. E’ un ostello molto piacevole e incontro anche 2 ragazzi che dicono di fare i giornalisti per Sky (news) e che avevo già incontrato in una notte da ubriaco a Pechino(Beijing): sembrano molto divertiti dal fatto di andare in giro per la cittadina con la loro macchina fotografica enorme con un obiettivo che sarà 100x 😀 Dopo un po’ di tempo passato in ostello esco di nuovo e mentre cammino ai bordi di un fiume di Gilgit dove ero andato per vedere un enorme e massiccio doppio ponte(comprensivo delle onnipresenti guardie armate di fucile AK47) incontro degli uomini che seduti sotto un albero mi chiamano e mi invitano a fumare con loro dell’ottimo fumo pakistano (e se non si fuma nero pakistano in Pakistan porca troia…!)…potrei mai rifiutare?? Dopo un paio di giorni raccolgo di nuovo le mie cose e faccio rotta verso Islamabad: 18 ore di autobus su una strada accidentata(anzi io direi inesistente, perchè chiamarla accidentata vorrebbe dire non rendere giustizia alle strade accidentate); la strada consiste di avvallamenti di mezzo metro coperti di viscida fanghiglia in cui il pullman sale e scende senza soluzione di continuità e questo già basterebbe a logorare anche alcune tra le più ferree volontà di proseguire il viaggio(ma non la mia ihihih) per non parlare poi del fatto che nel suddetto pullman sparano musica orrenda a tutto volume….fino alle 4 del mattino!!! Ma…dico io….come è possibile? già la gente zompa di 20 centimetri ogni 5 secondi a causa della strada sconquassata, poi gli pompate quella amena musica nelle orecchie per ore e ore…bho. Comunque il suddetto pullmann verso mezzanotte ferma anche presso una bettola in mezzo a litri di fanghiglia grigia dove la gente in teoria dovrebbe mangiare e io in genere non mi faccio di certo di queste formalità(basta vedere il posto nella foto qua sopra che è dove ho mangiato, anche molto bene, a Gilgit) ma sta volta il posto sembra peggio del solito e non essendo poi così affamato decido di evitarmi la diarrea per questa volta. Alle 8 di mattina, dopo essere stato shakerato in quel pullman infernale per 18 ore, finalmente arrivo a Islamabad: sembra una qualunque città che potrebbe essere in qualsiasi parte del mondo con le sue strade larghe e alberate, tranquille, non caotiche o colorate come Gilgit. Appena smonto dall’autobus che mi ha portato fin qui scopro che lo zaino, che aveva viaggiato nel vano bagagli, è coperto da una coltre di 1 centimetro di fango…annamo bene…annamo proprio bene. Mi prendo un taxi, uno di quelli ufficiali, che in pakistan sono delle piccole utilitarie e cerco di arrivare in albergo: sono stanchissimo e vorrei solo dormire ma il taxista, un tipo butterato e dall’arie ben poco simpatica, dimostra ben presto di voler tentare a tutti i costi di truffarmi sul prezzo(che fa concordato in anticipo, perchè in Pakistan nessuno usa i tassametri). Comunque, dopo aver visitato due alberghi(presi dalla lonely planet), che hanno prezzi che dire “assurdi” è dir poco, finalmente vengo portato in un albergo(che faccio fatica a trovare perchè ha cambiato nome: prima si chiamava Friends Inn)e che è tutto sommato decente, con la sua moquette sudicia e il suo frigorifero con la porta che quando la apri se ne viene in mano e a cui soprattutto viene tolta la spina quando non ci sono per risparmiare elettricità. L’albergo è nella zona del bazar, con il suo solito brulicare di gente e di acquisti di tutti i tipi: scendo e vado a mangiare del pollo cotto con una salsa rossa in una casseruola accompagnato da pane di quello piatto tipo piadine(di cui non ricordo il nome). Il giorno dopo visito la moschea più grande di Islamabad…un opera enorme, degli anni ottanta e che dovrebbe essere una delle più grandi al mondo. Pulitissima, splendente, tutta marmi e gente che prega, fa le abluzioni, chiacchiera e passeggia per questa costruzione enorme e per lo più vuota quando la visito. Uno dei giorni seguenti vado a Rawalpindi (la città gemella di Islamabad a pochissimi kilometri) e per raggiungerla uso un altro dei tipici mezzi pubblici del Pakistan: una specie di pick-up Toyota a cui è stato aggiunto sul retro una copertura e due panche una di fronte all’altra. Il suddetto mezzo è amministrato da un uomo urlante che coadiuva il guidatore e che stando in piedi sul predellino mentre il mezzo è in movimento urla la destinazione in modo che la gente che vede passare il mezzo dai bordi della strada se sente che quella è la propria destinazione fa fermare il mezzo e sale su questo mezzo che si riempie indefinitamente costrigendo la gente a stringersi una sull’altra anche se oggettivamente non ci sarebbe più spazio. Rawalpindi sembra molto diversa da Islamabad: rumorosissima, caoticissima, inquinata e puzzolente di smog a livelli che mai avrei immaginato potessero esistere. E’ molto interessante osservare questo posto: questo marasma di tuk-tuk(tricicli che fanno da taxi) rumorosi che coprono ogni angolo delle larghe vie dove mi trovo ad arrivare da Islamabad,sembra di vivere una scena dell’ apocalisse. Ingorghi pazzeschi e fiumi di gente, gente ovunque…per cui ci do sotto e inizio a esplorare la città: i bazar tutti pieni di uomini vestiti tutti uguali con loro uniformi bianche/grigie che poi sarebbe il vestito tradizionale del Pakistan dove in un casino inimmaginabile la gente è impegnata in ogni tipo di commercio. Se ci fosse una parola per Rawalpindi questa sarebbe: folklore. Rawalpindi è una città estremamente folkloristica, colorata, incasinata: una specie di Napoli più povera all’ennesima potenza. Mi avventuro anche tra i vicoli dove c’è finalmente più quiete rispetto alle arterie principali e ai bazar: vicoletti tranquilli con strade fatte di pietra….e con canli di fogne che scorrono ai lati della strada poco più sotto del livello dove si cammina..nei suddetti vicoli incontro una mucca attaccata a un palo e subito dopo, tornando nell’area dei bazar dei cammelli che non capisco bene che funzione abbiano. Tento di visitare il museo militare di Rawalpindi ma inizialmente nessuno sembra sapere dov’è…poi quando finalmente c’arrivo scopro che è chiuso. Verso sera torno nella ordinata, quieta, verde Islamabad che sembra essere un altro mondo pur essendo a 10km di distanza: ci sono quartieri di uffici, ambasciate, luoghi istituzionali…e anche bei parchi verdi in colline appena fuori città.Oltre ovviamente ai bazar e ai tanti ristorantini che vendono pane chapati e piatti di pollo karahi e di mutton karahi servito direttamente in casseruole sfrigolanti (e che è buonissimo!!!).
ecco…ci sarebbe ancora tanto da scrivere ma è molto tardi e sono stanco….quindi vado a dormire.
Mie foto di Gilgit, Islamabad e Rawalpindi: https://picasaweb.google.com/110690272846847369745/PakistanGilgitIslamabadRawalpindiPeshawar
Prossime tappe: Peshawar, Lahore, Multan e Bahawalpur.

 

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