北京人 Běijīng rén
Racconti di viaggi in giro per la Cina (e il mondo) di uno che è rimasto a Pechino troppo tempo…
Hey there! Thanks for dropping by Theme Preview! Take a look around
and grab the RSS feed to stay updated. See you around!
……..porci e pure con le ali… (lettera finale ad Antonia)
Questo e’ un post che avevo creato anni fa ma non avevo mai postato. Ora e’ venuto il momento di farlo (non so perche’, magari giusto per scrivere qualcosa sul blog, visto che lo aggiorno ogni morte di BerlusconE :-D).
Sono le pagine finali del libro ‘Porci Con Le Ali’ (libro di Rocco e Antonia (Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera) pubblicato nel 1976.
Si tratta della lettera finale che Rocco (il protagonista maschile del libro) manda ad Antonia (la protagonista femminile)…non so perche’ lo posto, in realta’ non l’ho nemmeno riletta la lettera, ma ricordo che allora (quando lessi il libro, un 6 anni fa) mi era piaciuta. E mi e’ piaciuto anche il resto del libro, assolutamente da leggere.
I think….
———–
Cara Antonia,
eccomi. Domani mattina parto per le vacanze, le prime. Parto con un po’ di gente, li conosci. Sono ancora così scemo da essere emozionato a ogni partenza, da non riuscire a dormire la sera prima. Questa è la sera prima. Non c’è solo questo , in ogni modo.
C’è anche, forse soprattutto, che non riesco a togliermi dalla mente tutte le volte che abbiamo parlato insieme di quello che avremmo fatto nelle vacanze, dove saremmo andati, come sarebbe stato bello, e così via. E invece non ci siamo arrivati a ste cazzo di vacanze, non abbiamo fatto l’amore sotto la tenda, non abbiamo fatto il bagno nudi, e tutte le altre scemenze di cui parlavamo. E a me, sarò scemo, partire senza di te mi da per la prima volta l’idea che è andata, insomma finita, che non torneremo più insieme, che ho perso per sempre la mia piccola dolcissima amatissima Antonia. E mi viene da piangere in una maniera cretina e irresistibile. E riempirei altre sette pagine di cose dolci e dichiarazioni d’amore e zuccherosità e melensaggini.
E magari sarebbe giusto farlo. Nonostante tutto. Nonostante il fatto che tu non capiresti. E non crederesti. E diresti che credo di sentire quelle cose, ma in realtà…Non prendo per il culo, Antonia. Da quando ci siamo mollati l’unica cosa che ho fatto, sul serio voglio dire, è stato pensare e ripensare alle cose che mi hai detto, alle più dure e le più brutte, quelle che più mi hanno lasciato di merda. E allo stesso modo ho ripensato a tutte le cose che mi sono capitate da allora, o prima. E l’unica cosa che ho scoperto è che è tutto un gran casino. Veramente terrificante. Perchè le cose che mi hai detto erano giuste, anche se magari erano giuste anche quelle che io ho detto a te, e questo vuol dire che niente è facile e semplice, che anche le cose che a me sembravano chiare e limpide, tipo il mio amore e la mia tenerezza per te, in realtà erano confuse e contorte, uno strano miscuglio di cose belle e brutte, anche molto brutte, come essere violenti, o calpestarti o non considerarti una persona, o cose del genere.
E purtroppo l’unica cosa in cui avevi torto, era quando dicevi che per cancellare e scacciare queste cose bastano il femminismo, o i rapporti omosessuali, o la buona volontà, o la critica e l’autocritica, o la rivoluzione.
E invece Antonia la mia grande angoscia di questi tempi è cominciare a vedere che tutte queste cose sono importanti, molto importanti, ma non sono ancora tutto, anzi sono forse solo una piccolossima parte di un viaggio molto molto lungo, che non so quanto duri nè dove porti, e se porti da qualche parte. Alla fine del quale ci dovrebbero essere due nuovi Rocco e Antonia, diversi, pieni solo di amore e cose belle, capace di far l’amore che sia quello e nient’altro, capaci di dirsi cose che significano quello e non altro. Ma per arrivarci bisogna strippare come disperati, stare molto soli, e guardarsi dentro con molta cattiveria, accettare senza prendersi per il culo le cose molto dure che ci possono dire o far capire i compagni di viaggio, essere capaci di dirne altre altrettando dure.
Non ti preoccupare,non sto diventando un mistico invasato e delirante. Non un viaggio verso dio e stronzate del genere, quello di cui sto parlando. So benissimo che c’entra molto con la rivoluzione, che se non facciamo la rivoluzione non arriviamo proprio da nessuna parte. Ma potremmo anche fare la rivoluzione e non arrivare da nessuna parte lo stesso. E io non voglio che sia così; sarebbe troppo un’inculata.
Sto facendo un gran casino, lo so. Ho in testa i dubbi e gli strippi più pazzeschi e strani. Come quello che alla fine di tutto sto viaggio pazzesco non avrò pi…..[CUT] il resto leggetevelo sul libro 😛
i cinesi di merda mi censurano alcune foto e i bot mi riempiono di SPAM…
hello…
<comuniCAZione di servizio> siccome molte delle foto dei post su questo blog vengono da blogspot (e blogspot e’ bloccato dal governo cinese di merda) se accedete a questo blog dalla Cina molti post potrebbero essere visualizzati senza foto.
Quindi, se volete vedere le foto per tutti i post del blog, please, usate i programmi che normalmente usate per aggirare i siti bloccati in Cina.
E visto che ci siamo famo un altra comunicazione di servizio e diciamo che quei figli di puttana di BOT di engamiweirery, Index, Louis Vuitton Epi Leather Purple Alma, cheap levitra online, order generic levitr, levitra cialis online viagra, levitra recommended dosage, ECCETERA… MI STANNO RIEMPENDO DI SPAM! CAZZO!
I’ll write this post in italian…. tie’!(a typical italian exclamation)
Scrivo questo post in italiano perchè scrivendo nella mia fottuta lingua madre sento di avere più padronanza di linguaggio e magari evito anche di guardare il dizionario ogni due secondi (per esempio la parola “padronanza” la dovrei cercare sul dizionario). E poi scrivendo in italiano mi capisce meno gente, e questo post non voglio che lo capisca molta gente. In realtà non so bene cosa voglio scrivere.
Ma andiamo con ordine: sono circa 2 anni che vivo in una situazione di attrazione-ripulsione per l’amata-odiata Cina (ed è un “sentire” sia fisico che “materiale”, nel senso che materialmente vado e vengo dalla Cina). Una volta ho sentito dire a Tiziano Terzani, grande giornalista vissuto in Asia 30 anni e morto nel 2004 di tumore, che mentre si sta vivendo il presente non si riesce bene a mettere a fuoco e a “capire” il filo rosso che lega le proprie decisioni nel percorso della vita ma che poi, giunti ad una certa età e guardando indietro, si vedono tutti i legami tra ciò che si è fatto nella vita, tutti i perchè, tutte le connessioni tra i varii eventi dell’esistenza. E’ un ipotesi senz’altro affascinante e se è vera, sinceramente, non vedo l’ora di arrivare ad “una certa età” per capire il senso di tutto ciò.
Torniamo a due anni fa: aprile 2008,post-laurea: parto per Arcosanti, in Arizona, Stati Uniti (www.arcosanti.org , vedere anche il mio blog su Arcosanti linkato su questo sito) e decido (con molta poca convinzione) che “non voglio avere più a che fare con la Cina”…dopo qualche mese comincio ad avere dei dubbi in proposito e a giugno 2008 torno in Italia…20 giorni in Romania….un mesetto di lavoro a Londra….mi gratto le palle per un po’ in Italia e poi decido: “no, cazzo, devo tornare in Cina….” e allora a febbraio 2009 inizio un corso di un anno (fino a gennaio 2009) di lingua cinese in un università a Pechino(Cina)…e verso diciamo il quinto – sesto mese inizio a pensare “ma che merda sta Cina” , “mi so proprio rotto i coglioni, odio la Cina”..cmq mi fo un mesetto di viaggio in Cina e Laos (ad Agosto 2009), mi sto qualche altro mese in Cina e a Febbraio 2010 (un anno dopo il mio arrivo in Cina) vado in Australia con un “work and holiday visa”, un visto che mi permette di lavorare e viaggiare in Australia: sono deciso ad abbandonare la Cina (anche sta volta con ben poca convinzione e molta confusione) e allora worko and holidayo un 2 – 3 mesi in Australia(da febbraio ad aprile) e ad un certo punto, mentre sto workando e holidayando in Australia, comincio a pensare “devo tornare in Cina” , “in fondo mi manca” …”ci sono stati dei momenti che l’ho odiata ma ci son stati anche tanti momenti positivi” …e allora penso..”si-si devo tornare in Cina”…però sono anche più di 14 mesi che non sono MAI tornato in Italia..e allora penso: torno 3-4 settimane in Italia e poi me ne torno in Cina. decisione presa. A fine aprile (2010) torno in Italia, aspetto qualche giorno e vado a Roma (all’ambasciata) a fare il visto per la Cina, mi prenoto un volo a 300 euro su http://it.lastminute.com con una compagnia egiziana che non mi ricordo manco come si chiama (forse EgyptAir) e mi preparo a partire di nuovo per la Cina il 30 maggio 2010, ore 14.25: scalo al Cairo, Egitto; destinazione: Pechino, Cina. Quindi dal 31 maggio 2010 (se l’aereo, anzi “gli aerei” non cadono), sono di nuovo a Pechino, Cina.
Dromomania ?
il mio problema è molto semplice: ho creato questo sito web, www.beijingren.biz, (ed acquistato, molto intelligentemente, dello spazio a pagamento) ma non ho la più pallida idea di come fare a modificare il mio sito. Per esempio, il titolo del sito: come cazz si fa a modificare la grandezza del carattere del sito? Non ho la più pallida idea di come farlo. Dalla dashboard di https://www.beijingren.biz/wp-admin/index.php non trovo dove sarcazzo sta il posto da cui si modifica il titolo.
se sapete come fare, fateme un fischio:
skype: sickboylu
fateme sape’!
Cmq almeno per il momento sono riuscito a importare tutti i post del mio vecchio blog (http://vicospezzano.blogspot.com ) su questo nuovo sito….per lo meno…
Stefano Cucchi MASSACRATO A MORTE dagli sbirri in prigione: 20gr di marijuana….
Pensavo che certe cose potessero succedere solo in paesi come la Turchia degli anni 70 o il Cile di Pinochet…
l’articolo di Adriano Sofri:
MEMORIA
Giovedì 15 ottobre 2009
Verso le ore 23.30 Stefano Cucchi viene fermato dai carabinieri nel parco degli acquedotti, a Roma.
Venerdì 16 ottobre
Alle ore 1.30 del mattino si presentano, con Stefano, presso l’abitazione della famiglia Cucchi in via Ciro da Urbino, due uomini in borghese, poi qualificatisi come carabinieri e altri due carabinieri in divisa della caserma dell’Appio Claudio. Iniziano a perquisire la stanza di Stefano mentre questi tranquillizza la madre dicendole “tranquilla, tanto non trovano nulla”. In effetti nulla trovano nella sua stanza, rinunciando a perquisire il resto dell’appartamento e dello studio, pur dopo l’invito della famiglia a procede. I carabinieri a loro volta tranquillizzano i familiari, dicendo che Stefano è stato sorpreso con poca “roba” addosso (20 gr. principalmente marijuana, poca cocaina e due pasticche, secondo alcune notizie filtrate da ambienti delle forze dell’ordine e degli inquirenti, “di ecstasy”: secondo il padre “di Rivotril”, un farmaco salvavita contro l’epilessia, regolarmente prescrittogli dal medico curante). I carabinieri comunicano inoltre che l’indomani alle 9 si sarebbe celebrato il processo per direttissima nelle aule del tribunale di Piazzale Clodio. Alle ore 12 circa del mattino Stefano arriva in aula scortato da quattro carabinieri. Il suo volto è molto gonfio, in contrasto impressionante con la sua magrezza (i genitori affermano che il suo peso prima dell’arresto è di circa 43 kg) e presenta lividi assai vistosi intorno agli occhi. Durante l’interrogatorio del giudice, si dichiara colpevole di “detenzione di sostanze stupefacenti, ma in quanto consumatore”. Stefano alle 13 circa viene condotto via, ammanettato, dai carabinieri, dopo la sentenza di rinvio a giudizio (udienza fissata per il prossimo 13 novembre) con custodia cautelare carceraria. Alle ore 14 viene visitato presso l’ambulatorio del palazzo di Giustizia, dove gli vengono riscontrate “lesioni ecchimodiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente” e dove Stefano dichiara “lesioni alla regione sacrale e agli arti inferiori”. I carabinieri lo conducono quindi a Regina Coeli affidandolo alla custodia della Polizia penitenziaria. All’ingresso in carcere viene sottoposto a visita medica che evidenzia la presenza di “ecchimosi sacrale coccigea, tumefazione del volto bilaterale orbitaria, algia della deambulazione”. Viene quindi trasportato all’ospedale Fatebenefratelli per effettuare ulteriori controlli: in particolare radiografie alla schiena e al cranio, non effettuabili in quel momento all’interno dell’istituto penitenziario. In ospedale viene diagnosticata “la frattura corpo vertebrale L3 dell’emisoma sinistra e la frattura della vertebra coccigea”.
Sabato 17 ottobre
Nel corso della mattinata viene nuovamente visitato da due medici di Regina Coeli i quali ne dispongono nuovamente il trasferimento al Fatebenefratelli. Da qui, nel corso della mattinata (ore 13,15), viene trasferito all’ospedale Sandro Pertini. La famiglia viene avvisata del ricovero di Stefano solo alle ore 21. Alle ore 22 circa i genitori si presentano al pronto soccorso e vengono indirizzati al “padiglione detenuti”. Al piantone viene chiesto se è possibile visitare il paziente, ma la risposta che viene data ai familiari è: “questo è un carcere e non sono possibili le visite”. Alla precisa domanda rivoltagli dai genitori: come sta Cucchi Stefano?, il piantone li fa attendere per poi invitarli a ritornare il lunedì successivo (dalle 12 alle 14), per parlare con i medici.
Lunedì 19 ottobre
I genitori si recano alle ore 12 presso il padiglione detenuti e ripetono al piantone la richiesta di visitare Stefano. Vengono fatti accomodare nel vestibolo, gli vengono presi i documenti e nell’attesa chiedono a una sovrintendente appena uscita dal reparto quali siano le condizioni di salute del figlio. La risposta della sovrintendente è: “il ragazzo sta tranquillo”, ma ancora una volta viene negata ai genitori la possibilità di un colloquio con i medici con la motivazione che l’autorizzazione del carcere non è ancora arrivata. Di fronte all’insistenza dei genitori, che specificano di voler solo parlare con i medici, e non anche avere un colloquio con il figlio, la stessa sovrintendente li invita a ripresentarsi il giorno successivo, affermando che per l’indomani l’autorizzazione sarebbe sicuramente arrivata.
Martedì 20 ottobre
Alle ore 12 i genitori si recano nuovamente al “Pertini”, ripetendo al piantone la richiesta di visitare Stefano. Questa volta il piantone nega loro l’ingresso, dichiarando – ed è la prima volta che viene detto esplicitamente – che “sia per i colloqui con i detenuti sia per quelli con i medici occorre chiedere il permesso del Giudice del Tribunale a Piazzale Clodio”.
Mercoledì 21 ottobre
Alle 12.30 il padre di Stefano , dopo una mattina passata in tribunale, ottiene il permesso del Giudice della settima sezione per i colloqui. Decide di non andare a Regina Coeli per farsi vistare il permesso in quanto l’ufficio competente chiude alle 12.45, rimandando tutto al giorno successivo.
Giovedì 22 ottobre
Stefano Cucchi muore alle 6.20 di mattina. La certificazione medica rilasciata dal sanitario ospedaliero parla di ‘presunta morte naturale’. Alle ore 12.10 un carabiniere si presenta a casa Cucchi trovando solo la madre del ragazzo, essendosi il padre recato a Regina Coeli per il visto, e chiede a questa di seguirlo in caserma per comunicazioni. La signora non può, trovandosi sola con la nipotina, e così il carabiniere dichiara che sarebbe tornato più tardi. Alle ore 12.30 alla madre di Stefano viene notificato il decreto del Pm con cui si autorizza la nomina di un consulente di parte. È in questo modo che la signora Cucchi viene a sapere della morte del figlio. Entrambi i genitori si recano al Pertini dove il sovrintendente e il medico di turno dichiarano di “non aver avuto modo di vederlo in viso in quanto si teneva costantemente il lenzuolo sulla faccia”. Si precipitano quindi all’obitorio dell’istituto di medicina legale dove si presenta loro un’immagine sconvolgente: il volto del figlio devastato, quasi completamente tumefatto, l’occhio destro rientrato a fondo nell’orbita, l’arcata sopraccigliare sinistra gonfia in modo abnorme, la mascella destra con un solco verticale, a segnalare una frattura, la dentatura rovinata.
Venerdì 23 ottobre
Viene effettuata l’autopsia. Al consulente di parte, nominato dalla famiglia, non viene consentito di scattare fotografie. Il corpo di Stefano Cucchi ora pesa 37 Kg
(Adriano Sofri)
Quella che segue è l’ultima parte (scritta da Timothy Leary) dell’introduzione al libro “LSD La Droga Che Dilata La Coscienza” ( pubblicato in Italia nel 1967 da Feltrinelli e originariamente pubblicato negli Stati Uniti nel 1964 col titolo “LSD The Consciousness Expanding Drug” ) e tratta delle paure più frequenti che potrebbero avere gli individui nell’assunzione di sostanze psichedeliche.
ecco il pezzo ( il pezzo che segue è estrapolato dall’introduzione al libro ) :
La Paura di Ciò Che Può Accadere
Tutti noi. e qui includo i veterani più navigati in materia psichedelica, dobbiamo riconoscere certi timori che sono generati dall’idea di sperimentare le sostanze psichedeliche. Il primo passo da compiere per agire costruttivamente su questa paura è quello di tentare di capire il suo tipo e la sua causa. Si possono enumerare cinque tipi più comuni di paura provocati dal concetto di espansione di coscienza:
1.Conoscitiva: la paura della perdita del controllo razionale; il terrore del disorientamento e della confusione.
2.Sociale: la paura di compiere qualcosa di vergognoso o ridicolo, oppure di perdere le inibizioni sociali.
3.Psicologica: la paura dell’auto-scoperta, cioè la paura di scoprire qualcosa circa noi stessi che non vogliamo affrontare.
4.Culturale: il terrore di scoprire la dolorosa verità circa le istituzioni con cui ci identifichiamo, il vedere al di là delle mistificazioni tribali, di perdere ogni illusione circa i nostri doveri verso la società e quindi di diventare persone irresponsabili.
5.Ontologica: La paura di scoprire un mondo di esperienze e una nuova dimensione della realtà così piacevoli da farci desiderare di non uscirne più. Questo timore si basa probabilmente sul sospetto inconscio, forse condiviso da tutti gli uomini ed espresso con grande efficacia da uno dei principali teorici e cultori delle tecniche per l’espansione della coscienza, lo scomparso Georges I. Gurjieff, che la coscienza normale sia una sorta di sonnambulismo e che da qualche parte esista uno stato di veglia, una forma di realtà (provocata dagli psichedelici) da cui non si vorrebbe più far ritorno.
Tutte queste paure sono spesso paragonate alla paura della morte. Ciascuno dei cinque elementi della struttura dell’ego si è sviluppato, per opera degli insegnamenti, dell’esperienza e dell’abitudine, a tal punto che può essere considerato come una parte dell’identità. Le paure rispettive corrispondono alla paura di una disgregazione, di una frantumazione di tale identità. Il terrore di una simile disgregazione equivale al terrore della morte, è indistinguibile da esso. Tuttavia noi crediamo che il costrutto dell’identità sia un illusione. Chi ha il coraggio di affrontare il crollo dell’illusione muore, ma muore in senso mistico.
Dice un distico zen: “Sii morto, completamente morto, e agisci secondo il tuo volere.” Si tratta di quel processo terapeutico che Tillich descrive come “una passeggiata all’inferno”. Chi ha il coraggio di passare attraverso questo inferno si merita ciò che di trascendente si trova al di là.
Come altre forme di angoscia, queste cinque paure sono connesse con profonde aspirazioni e potenzialità insite nell’uomo. Per ogni terrore esiste una corrispondente liberazione.
Il terrore conoscitivo è l’interpretazione negativa del desiderio di uscire dalla nostra mente per poter fare un pieno uso del nostro cervello. La trascendenza della mente rende possibili nuove forme di coscienza.
Il terrore sociale di far qualcosa di condannabile è l’interpretazione negativa dell’antico assioma (taoista, Zen, buddista) secondo cui dobbiamo uscire dalla nostra mente per poter raggiungere quello stadio di calma creativa da cui scaturiscono le più ricche esperienze.
Il terrore di scoprire noi stessi è l’aspetto negativo della possibilità di scoprire ciò che esiste al di là di noi stessi.
La paura di non poter più conservare le nostre illusioni circa la società è l’aspetto negativo della possibilità di concepire l’idea di nuove soluzioni istituzionali.
Il terrore della schiavitù ontologica è l’interpretazione statica e negativa del concetto di libertà interna, che pressuppone la nostra capacità di spostarci volontariamente da un livello di coscienza ad un altro, allo stesso modo in cui lo scienziato trasferisce la propria attenzione dal microscopio al telescopio.
Questo libro, dedicato alle sostanze dilatatrici della coscienza e scritto da scienziati e da studiosi, è un altro episodio che s’inserisce nel giro senza fine della comunicazione, del “gioco” di chi legge e di chi scrive. Ci sono gli autori, che si sforzano di spiegare e descrivere delle esperienze che, come essi stessi ammettono, sono al di là della portata delle parole, e ci sono i lettori, ciascuno dei quali si accosta al libro col suo background di attese ed esperienze.
Programmiamo la lettura di questo libro nello stesso modo in cui programmiamo una seduta psichedelica. Il soggetto consiste, naturalmente nei tredici capitoli che stanno per presentarsi al sistema nervoso del lettore. Per ottenere il massimo risultato da questo libro, come da una seduta psichedelica, bisogna affrontarlo con mente aperta. Ci sia permesso di dire che questo libro non può rientrare nelle categorie mentali di chi non ha ancora partecipato ad una seduta psichedelica. Chi cercasse di imporre a questo libro la propria struttura razionale finirebbe col rimanere entro i limiti delle proprie categorie, e sarebbe un peccato per lui e per noi.
Al pari di una seduta psichedelica, questo libro può meravigliare, eccitare e persino spaventare, sempre che il lettore voglia abbandonarsi alle proprie emozioni. Ma se egli è in grado di rendere le proprie categorie razionali elastiche e permeabili, può rendersi conto di alcune delle possibili esperienze( sociali, creative, psicologiche, culturali ed ontologiche) offerte dal processo di espansione della coscienza.
Lo studio delle droghe psichedeliche ha suscitato negli ultimi dieci anni un enorme reazione emotiva da parte della società. Ciascuno degli “espansori di coscienza” che hanno collaborato a questo libro ha corso due pericoli, uno personale ed uno sociale.
Innanzitutto, ciascuno di loro è uscito volontariamente e in modo costruttivo dalla propria mente per poter poter procedere nelle proprie ricerche. In secondo luogo, hanno tutti rischiato delle sanzioni sociali per poter scrivere delle proprie esperienze. Alcuni hanno perso il loro lavoro, altri hanno messo a repentaglio la propria reputazione, tutti hanno dovuto tener testa agli stali dell’ortodossia in un momento in cui sarebbe stato più comodo battere in ritirata.
Essi hanno goduto il piacere dell’avventura, l’eccitazione della scoperta, il fascino del paradosso.
Auguriamo al lettore che il libro coomunichi anche a lui le stesse emozioni.
Timothy Leary. Millbrook,N.Y. Maggio 1964
p.s. Solo l‘introduzione è scritta da Timothy Leary, il resto del libro è scritto da 15 autori differenti tra i quali Aldous Huxley (autore de “Le Porte della percezione” ), Alan Watts, Humphry Osmond ( lo psichiatra che ha coniato il termine “psichedelico” ), William Borroughs (scrittore, autore de “il Pasto Nudo”), eccetera eccetera….filosofi, scrittori, medici, psichiatri, teologi….
p.s. 2 Il libro tratta dell’LSD sotto molteplici aspetti, e non solo per quanto riguarda i timori che possono accompagnare lo sperimentatore nell’assunzione dell’LSD (i timori sono trattati solo in quella parte dell’introduzione riportata sopra).